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                                                                                                      APICOLTURA
                                       

                                           Tratto dal "DIZIONARIO DI AGRICOLTURA" DIRETTO DA ADOLFO CARENA, U.T.E.T. 1956.
                                                                                   

                                                                                           1 CARATTERI ZOLOGICI
    

    L'Ape domestica, allevata fin dalla remota antichità per ottenere il miele e la cera, e perciò denominata scientificamente Apis mellifica, cioè produttrice di miele, sebbene non sia la sola che ne produce, appartiene, nella classe degli  Insetti, all'ordine degli Imenotteri, e più particolarmente alla sezione degli Imenotteri con addome peduncolato ed aculeato, cioè fornito di pungiglione, e fra questi alla famiglia degli Apidi.

    Questa famiglia comprende moltissime specie, delle quali solo una parte vive socialmente, cioè formando colonie numerose e permanenti, che si possono considerare come tutta una grande famiglia, perchè derivate dalle uova di una sola femmina. Fra le api sociali, l'ape domestica rappresenta la forma più evoluta, tanto per le sue particolarità di struttura quanto per il modo di vivere. Le sue colonie constano per lo più di ventimila o trentamila individui, e se ne allevano anche di sessanta o settantamila. In condizioni normali, nella colonia si trova una sola femmina fertile, detta ape regina, con alcune centinaia di maschi, che son detti fuchi o pecchioni; le altre api sono femmine sterili, le quali son chiamate api operaie, perchè ad esse spetta il còmpito di costruire favi di cera, di immagazzinare il miele ed il polline, di allevare la prole, di curare ed alimentare la regina e di provvedere alla pulizia e alla difesa dell'alveare. Le tre forme di api della colonia si possono riconoscere facilmente. La regina può arrivare alla lunghezza di circa 2 cm: le sue ali, ripiegate sul dorso, oltrepassano di poco la metà dell'addome, il quale è circa due volte più lungo del torace. I fuchi, quasi della stessa lunghezza, hanno corpo tozzo, con l'addome largo, ottuso all'apice; ali grandi, occhi così sviluppati che occupano interamente i due lati del capo e sul vertice vengono a contatto nella linea mediana. Le operaie sono lunghe 15 mm, hanno l'addome corto, onde può rimanere coperto interamente dalle ali, e si distinguono, inoltre, per particolari caratteri in rapporto con la produzione del miele e della cera.

    La bocca è fornita di due piccole mandibole e di varie appendici strette e lunghe, che accostandosi l'una all'altra formano la cosiddetta tromba, o proboscide, adatta per lambire o aspirare sostanze liquide. La proboscide è composta di due lamine foggiate a coltello e terminate a punta, che sono la parte principale delle due mascelle, e di due altre appendici laminari dette paraglosse, che appartegono al labbro inferiore; a questo appartiene anche una appendice filiforme, impari e mediana, che è detta lingua, o ligula, o glossa, appendice flessibile, ingrossata verso l'estremità e tutta rivestita di peli disposti in numerosi verticilli. La proboscide dell'ape operaia è lunga quasi quanto il capo, quella dell'ape regina è la metà più corta e quella dei fuchi anche meno. Questi difficilmente potrebbero prendere qualche alimento dai fiori, e perciò consumano le provviste di miele; la regina viene nutrita dalle operaie. Nelle zampe, i due articoli più lunghi sono il femore e la tibia; a questa seguono cinque piccoli articoli che formano il tarso, o piede, il primo dei quali è chiamato metatarso. Nelle zampe posteriori di tutte le specie di Apidi il metatarso è largo e più grande dei quattro successivi, ma nelle api operaie è particolarmente sviluppato e munito, sul lato interno, di setole corte e rigide, quasi sottilissime spine, disposte in nove o dieci serie trasversali, che formano la cosiddetta spazzola, con cui le api raccolgono il polline che rimane attaccato ai peli del corpo. Il polline, portato alla bocca, bagnato di saliva, è ridotto a pallottoline, che l'ape manda di nuovo alle zampe posteriori, accumulandole nella cestella, cioè sul lato esterno della tibia, il quale è contornato da una frangia di lunghe setole. All'angolo esterno della base del metatarso le zampe posteriori sono munite della morsa o pinza, formata da un incavo a sellla, il quale si trova di contro ad una serie di spine sottili. Le zampe posteriori delle regine e dei fuchi mancano della spazzola, della morsa e della cestella. Le glandole che producono la cera sono contenute nell'interno dell'addome, sul lato ventrale, e corrispondono agli ultimi quattro dei segmenti visibili esternamente.
    La
cera, prodotta allo stato liquido e filtrata attraverso pori estremamente sottili, si solidifica a contatto dell'aria formando delle laminette irregolarmente poligone, le quali, raccolte dalle zampe posteriori, son fatte passare sotto il torace e portate alle mandibole. Umettate di saliva, vengono masticate e impastate in modo da formare delle piccole masse di cera tenera, che l'ape mette a posto nella costruzione dei favi. L'apparato velenifero di cui sono fornite le operaie e l'ape regina, consta del pungiglione e di due glandole, delle quali, una, più grande, è a secrezione acida ed è munita di un serbatoio a forma di piccola vescica, l'altra è a secrezione alcalina. Il pungiglione, di struttura complicata, è una specie di ago chitinoso, gradatamente assottigliato verso l'estremità e leggermente ricurvo, accompagnato lungo il lato inferiore da due stiletti, simili a due setole rigide, muniti verso l'estremità loro di dentelli rivolti in avanti. (To be continued....)

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